Dopo la dichiarazione di legittimità della Corte Costituzionale (Sentenza n. 16/17), ora anche la Corte di giustizia europea dovrà pronunciarsi sul decreto spalma incentivi per il fotovoltaico.
Il Tar Lazio (Sezione Terza Ter) ha infatti accolto la richiesta di sedici operatori di rimettere alla Corte Ue la questione pregiudiziale sull'articolo 26 del decreto-legge 91/2014.
Questo il quesito che il tar sottopone alla Corte di giustizia: “Se il diritto dell'Unione europea osti all'applicazione di una disposizione nazionale, come quella di cui all'art. 26, commi 2 e 3, del d.l. 91/2014, come convertito dalla legge 116/2014, che riduce ovvero ritarda in modo significativo la corresponsione degli incentivi già concessi per legge e definiti in base ad apposite convenzioni sottoscritte dai produttori di energia elettrica da conversione fotovoltaica con il Gse; in particolare se tale disposizione nazionale sia compatibile con i principi generali del diritto dell'Unione europea di legittimo affidamento, di certezza del diritto, di leale collaborazione ed effetto utile”.
Secondo il Tar la sentenza della Consulta lasciava “irrisolti alcuni profili” sulla compatibilità con il diritto europeo, in particolare se sia consentito al legislatore nazionale - a seguito di una diversa e successiva valutazione degli interessi in gioco che pure possa portare ad un “equo bilanciamento” tra gli stessi - di intervenire su situazioni già consolidate in forza dei provvedimenti all'ammissione agli incentivi nonché in forza di convenzioni già stipulate con la parte pubblica.
Secondo il Tar “è possibile sospettare un contrasto dell'articolo 26 del d.l. 91/2014 con i principi generali del legittimo affidamento e della certezza del diritto, in quanto l'intervento normativo nazionale ha modificato unilateralmente le condizioni giuridiche sulle cui basi le imprese ricorrenti avevano impostato la propria attività economica”; inoltre, il tribunale si chiede “se la prevedibilità della modifica peggiorativa possa conseguire ad una diversa valutazione degli interessi gioco da parte del legislatore, in assenza di circostanze eccezionali che la giustifichino e a fronte di convenzioni stipulate tra la parte pubblica e l'operatore che hanno prestabilito la misura dell'incentivo per un periodo ventennale”. Inoltre, lo spalma incentivi sarebbe “in contrasto anche con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e, segnatamente, con gli articoli 16 (libertà d'impresa) e 17 (diritto di proprietà) in quanto altera le misure di sostegno economico già accordate, determinando un'ingerenza nel diritto ad impostare e condurre la propria attività economica sulla base di posizioni contrattuali predeterminate e riducendo il diritto a percepire le misure di sostegno economico già accordate”. Infine, in merito alla certezza dell'investimento, il Tar cita anche il Trattato sulla Carta europea dell'energia che all'articolo 10 dispone che “ogni parte contraente incoraggia e crea condizioni stabili, eque, favorevoli e trasparenti per gli investitori … gli investimenti godono inoltre di una piena tutela e sicurezza e nessuna Parte contraente può in alcun modo pregiudicare con misure ingiustificate e discriminatorie la gestione, il mantenimento, l'impiego, il godimento o l'alienazione degli stessi”.
Il ricorso è stato presentato da Athesia Energy, Pv Project Cologna, Belriccetto, Itt Energy, Pietra dei Fiori, Energia Solare, Green Hunter, Actasol 5, Actasol 6, Cinque, Spf Energy Uno, Spr Energy Due, Spf Energy Tre, Bulicata, Energy Line, Marche Solare 1, tutte società titolari e responsabili di uno o più impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kW.
L'ordinanza è in allegato.
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