Come visto, il comma 15 dell’art. 6 della Legge 388/2000 prevede che “Gli investimenti ambientali vanno calcolati con l'approccio incrementale”.
Il comma 19 prevede inoltre che “… la quota di reddito di cui al comma 13 corrisponde all'eccedenza rispetto alla media degli investimenti ambientali realizzati nei due periodi di imposta precedenti”.
L'Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione 226/E/2002, ha "modificato" il testo di legge dicendo che per chiarire l'approccio incrementale "soccorre il principio contenuto nella “Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente”, ..., secondo cui i benefici per gli investimenti ambientali sono “rigorosamente limitati ai costi d’investimento supplementari («sovraccosti») necessari per conseguire gli obiettivi di tutela ambientale... Occorre inoltre rettificare il costo dell’investimento con riferimento ai vantaggi economici ottenuti in conseguenza dell’investimento ambientale realizzato, valutati in termini di aumento di capacità produttiva, di risparmi di spesa e di produzioni accessorie aggiuntive”.
In particolare, per le fonti rinnovabili, la Disciplina Comunitaria ci dice che “i costi ammissibili si limitano ai sovraccosti sostenuti dal beneficiario rispetto ai costi caratteristici di una centrale elettrica tradizionale o di un sistema di riscaldamento tradizionale di pari capacità in termini di produzione effettiva di energia”.
Secondo questo principio i sovraccosti sono calcolati rapportando l‘investimento ad uno tradizionale paragonabile dal punto di vista tecnico al netto dei ricavi e dei costi operativi dei primi 5 anni.
Tale impostazione ha però una serie di gravi vizi ed errori. Tralasciando in questa sede le motivazioni tecnico-giuridiche, evidenziamo i principali: